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noncorpi
a cura di Dejan Atanackovic

siena art institute
galleria fuoricampo
Siena, 2011



Robert Gligorov, Dejan Atanackovic - Di Volo&Tancredi - Mauro De Lillo, Elisa Biagini, Mauro Magrini, Andrea Marini, Ongakuaw - See/Zee_vizual













Definito da Marc Augé, un nonluogo nasce dall'esigenza di un velocizzato scambio di passeggeri, prodotti e servizi. Un nonluogo è attraversato (e non può essere altro che attraversato) seguendo le segnalazioni linguistiche che sostituiscono i contenuti veri e propri. Sull'autostrada osserviamo dei segni che ci indicano la vicinanza di una fortezza: leggiamo pure la data della sua creazione e altre informazioni, ma la fortezza stessa la lasciamo indietro, così come altri luoghi, naturali o storici, città, rocce, fiumi, monasteri.

Il rapporto fra il corpo e le società nell'epoca del capitalismo globale può essere osservato nei termini dell'attraversamento. Il corpo è trattato e attraversato dall'interno dall'industrie farmaceutiche, dai produttori di fast food, dai promotori dei prodotti per la salute; dall'esterno dall'industrie della moda, della chirurgia estetica e dello spettacolo. Ogni centimetro della sua superficie (pelle, capelli e unghie, come lingua e parti mucose) è un potenziale spazio d'economia, d'investimento, di segni che riguardano varie forme di desiderio: il desiderio erotico, il desiderio dell'appartenenza. Ed è infine il segno che seduce, poiché senza il segno il corpo è troppo reale e come tale non appartierne più alla realtà. (Il desiderio è quello per il segno, non per il corpo.) In questo senso, il corpo del nostro tempo mostra delle somiglianze con il concetto del nonluogo: è definito da un insieme di simboli che come tali sono più reali di ciò che devono rappresentare. I corpi sono territori di conquista, non molto diversamente dall'epoca di addestramento e adeguamento del corpo alle istituzioni della prima modernità. Nel nostro tempo, quello della coesistenza dei termini, deregulation, political correctness, privasy, e social networks, queste condizioni (storiche) raggiungono livelli di ipocrisia precedentemente inimmaginabili: il corpo del soggetto pare sezionato in zone di interesse economico come un maiale nella macelleria (e si sa che del maiale non si butta via nulla). Ancora oggi, parlare del corpo spesso significa parlare della libertà e, di conseguenza, di una profonda solitudine dell'uomo.
I nonluoghi annunciano, oppure si rispecchiano già, nei noncorpi, la cui anatomia porta i segni dei grandi marchi, partecipe di un grande spettacolo organico.
Dagli inizi della modernità il corpo è sottoposto ad un'osservazione attenta e minuziosa: è un guardare attraverso il corpo, attraverso le sue cavità e le sue vie di uscita da se stesso. Anche lo sguardo in cerca dell'esperienza sublime (uno sguardo essenzialmente moderno) è rivolto, ormai da tempo, non più verso l'infinitamente grande, noioso e vuoto Spazio infinito, ma verso il Corpo e i suoi infinitesimali frammenti. È un corpo della modernità invecchiata e stanca. Ma è al tempo stesso un corpo mai compiuto, la cui classificazione non è mai stata completata, e come tale un corpo che si sta ancora nominando, eternamente imprimendo su se stesso dei segni e dei nomi accanto ai quali lo sguardo passa, come accanto ad una indicazione stradale della presenza vicina di un fiume, di un picco, o di una città.

La mostrra presentata negli spazi di Siena Art Institute e la galleria senese FuoriCampo è un tentativo di dare un piccolo contributo all'immaginario del corpo del nostro tempo: forme embrionali di origine ed esito sconosciuto e inquietante nell'installazione di Andrea Marini; l'embrione stesso che attraverso percezioni del proprio ambiente organico-affettivo realizza un primigenio dialogo con la madre, in un'installazione acustica di Elisa Biagini; un cervello catturato dallo sguardo fra la sua primordialità acquosa e le sue cartesiane similitudini a uno strumento tecnologico prodotto da una collaborazione fra Ongakuaw e See/Zee; un corpo-nido, ambiguo nella sua intenzione di proteggere oppure di divorare, nel video di Robert Gligorov; immagini dei neonati-bambole iper-realistiche, nelle fotografie di Mauro Magrini, create nell'ambiente commerciale noto come Reborn con lo scopo di soddisfare un angosciante desiderio di affetto mancato; un dialogo fra strumenti acustici ed elettronici (Duo Di Volo&Tancredi+Mauro De Lillo) e un video (Dejan Atanackovic) con un golem-cantante, una reminescenza delle retoriche del potere e della metafora corpo-terra.

Dejan Atanackovic